Osteopatia

Trattamenti

Trattamenti Osteopatici

Le tecniche osteopatiche sono numerosissime. Come già specificato qualsiasi parte del corpo può essere soggetta a restrizioni della propria mobilità e per ogni parte esiste senz’altro più di una manovra correttiva.

E naturalmente le tecniche sono molto diverse tra loro: trattare un osso craniale, un viscere o un femore implica un’evidente differenza metodica.

Abbiamo tecniche osteopatiche dirette e tecniche osteopatiche indirette. Le prime sono finalizzate a correggere la zona interessata e a ridare a questa la giusta funzionalità.

Le tecniche indirette, maggiormente conosciute di quelle dirette, funzionano invece all’opposto. Agiscono cioè forzando il corpo, imponendogli di andare dove non vuole, dove non si trova comodo, dove non è abituato a stare.

Le tecniche comunque sono tutte completamente indolori, non invasive e anzi addirittura piacevoli. La correzione infatti va sempre nel senso della fisiologia, riporta l’organismo verso l’equilibrio, verso l’armonia funzionale.

Tecniche miofasciali

Si opera sui tessuti molli superficiali con tecniche connettivali, di allungamento della fascia e di migliorare la microcircolazione sanguigna; ossigenazione, calore, scambio di liquidi, elementi che accelerano la guarigione e migliorano lo stato di salute dei tessuti. E’ una tecnica applicata alla fascia e al muscolo per riportarlo allo stato fisiologico nella sua lunghezza; una sorta di stretching forzato in modalità passiva oppure viene effettuato con l’ausilio del paziente che dovrà contrastare la contrazione concentrica o eccentrica mantenendo in isometria (cioè viene chiesto di attivare la muscolatura nella direzione opposta alla restrizione senza che avvenga movimento). Quest’ultima viene chiamata TEM: tecnica ad energia muscolare.

Trattamento dei trigger point

Un trigger point è un punto iper-irritabile all’interno di un fascio muscolare, dolente alla palpazione e sensibile. Sotto le dita ha una consistenza fibrosa, dura e il muscolo appare maggiormente rigido più ci si avvicina al punto.

In genere, se è presente un trigger point, sentiamo dolore sia quando il muscolo lavora contraendosi, sia quando il muscolo viene allungato, per esempio quando facciamo stretching.

Inoltre, comprimendo il trigger point, il dolore non si limita al punto del trigger, bensì si irradia provocando dolore riferito e indolenzimento in punti più distanti.

Uno dei metodi più utilizzati per sciogliere un trigger point è la compressione ischemica, ovvero la pressione inibitoria e costante del muscolo nel punto in cui è presente il trigger. Lo specialista può utilizzare anche altre tecniche che, a seconda del caso, possono risultare efficaci.

Trattamento delle cicatrici

Nella raccolta delle informazioni spesso ci imbattiamo in esperienze chirurgiche che hanno creato una ferita nel corpo e nella mente e la convinzione che col passare del tempo rimarginerà lo spiacevole ricordo pervaderà il nostro senso di apparente benessere, in realtà sarà la memoria tissutale a ricordare per noi. Quella ferita infatti, può aver creato i presupposti per alterare la nostra postura influenzando la funzionalità osteomuscolare.

Quando la cicatrice è l’esito di una lesione profonda, che ha interessato quindi non solo la cute superficiale ma anche il sistema fasciale, muscolare e/o viscerale, avremo delle limitazioni alla mobilità delle strutture muscoloscheletriche e alla funzionalità del torrente circolatorio e linfatico presente in quella regione.

Inoltre, la pelle è l’organo di senso più esteso del nostro organismo (ha la stessa origine embrionale del sistema nervoso centrale), una lesione a suo carico compromette il corretto funzionamento dell’asse neurologico che dalla periferia porta l’informazione sensitiva al sistema nervoso centrale, generando dei segnali alterati in grado di modificare la funzionalità progressiva del tratto vertebrale corrispondente. In pratica, si potrebbero verificare delle modificazioni della tensione muscolare, della funzione circolatoria e secretiva e del sistema viscerale nei territori correlati al tratto cutaneo lesionato per via neurologica.

L’intervento osteopatico, tramite il trattamento manuale del sistema fasciale, ha la funzione di diminuire ed eliminare le influenze negative che il danno tissutale ha sull’organismo in termini di spesa energetica di adattamento e di restrizione meccanica.

Trattare l’esito cicatriziale di una ferita significa, quindi, non solo lavorare sulle limitazioni meccaniche e sui deficit del sistema circolatorio/linfatico causate dalle aderenze sui piani fasciali profondi, ma anche ristabilire una corretta connessione con il sistema nervoso centrale interrotta al momento della lesione.

Consistono in una serie di movimenti delicati guidati dall’operatore per migliorare la mobilità di un’articolazione e allungare i tessuti che la circondano. Lavorano sugli ultimi gradi dell’articolazione forzandone con movimenti dolci e ritmici al fine di guadagnare mobilità. Le strutture maggiormente coinvolte sono i muscoli e i legamenti. Sono tecniche dirette cioè che vanno verso la barriera di restrizione.

Forse le più conosciute dai pazienti, spesso producono uno “scrocchio” che dà la sensazione che l’articolazione interessata si sia sbloccata. Sono tecniche dirette, forzano cioè la situazione: è come se, per fare un esempio, per aprire una porta bloccata le si desse un’energica spallata. Nel linguaggio specialistico, tale azione viene detta andare verso la barriera, verso il blocco.

 Le tecniche si definiscono poi a bassa ampiezza perché, per essere preciso e il meno pericoloso possibile, il movimento non deve essere ampio. Possono dare un immediato sollievo se la limitazione articolare trattata è la causa principale o esclusiva del sintomo, oppure avere un ruolo nel trattamento per favorire un miglior equilibrio posturale o una migliore funzionalità della zona trattata; richiedono però molta abilità, soprattutto se applicate in zone delicate come il rachide cervicale, in quanto se vengono eseguite male (per esempio con troppa energia) possono avere effetti collaterali.

Il famoso “crock” (gli studi americani parlano di “popping sound”) non è altro che la liberazione dei gas naturalmente disciolti nell’articolazione. Per quanto potrà sembrare strano in realtà non è il rumore che provoca l’effetto di reset sul dolore ma il movimento delle mani del fisioterapista. La manipolazione può essere ugualmente efficace anche senza rumore!

Tecniche funzionali

Si tratta di tecniche indirette, in quanto non vanno a forzare la situazione, ma cercano di trovare un punto di equilibrio delle tensioni all’interno di un’articolazione (punto neutro) o di un tessuto, e di stimolare una risposta correttiva autonoma da parte dell’organismo. Tale risultato si dovrebbe ottenere se l’osteopata ha messo l’articolazione nelle condizioni di ottenere un rilasciamento.

Tecniche Cranio-sacrali

Una tecnica che ci mette in ascolto con i movimenti fisiologici più profondi che si esplicano sul cranio, lungo la colonna fino al sacro. Respiro polmonare, battito e frequenza cardiaca fino al respiro primario caratterizzato dal movimento del liquido encefalorachidiano in cui è immerso il cervello e tutta la spina dorsale. L’ascolto ci permette di individuare le zone di restrizione e come rispondono le articolazioni cranio-sacrali, densità e palpazioni ci danno l’indice del gonfiore, infiammazione e stagnazione dei liquidi, gli spring quanto il cranio è flessibile… Mediante leggere manipolazioni, quasi impercettibili per il paziente, il massaggio cranio sacrale è in grado di intervenire sull’intero organismo, tramite i collegamenti con il sistema cranio-sacrale.

Le dolci manipolazioni applicate sul cranio e sul sacro permettono all’osteopata di agire sin dal primo giorno di vita dell’essere umano, in seguito al primo trauma: il parto.

In un’indagine condotta dalla dottoressa Viola Frymann su 100 bambini di età compresa fra i 5 e i 14 anni che presentavano problemi di apprendimento o di comportamento, si scoprì che 79 erano nati dopo un lungo travaglio o un parto difficile e presentavano uno o più sintomi comuni del periodo neonatale.
Riconoscere e curare il malfunzionamento del meccanismo craniosacrale nell’immediato periodo post-natale rappresenta, quindi, una delle più importanti fasi della prevenzione nella pratica osteopatica.

Il cranio del neonato è strutturato per facilitare al massimo il parto, evitare il minimo trauma al suo cervello e ristabilire completamente la mobilità di tutte le sue parti una volta terminata la tensione del parto.

In alcune circostanze (disfunzioni meccaniche del bacino, posizione scorretta del feto) il parto presenta però delle complicanze che rendono necessario il ricorso a varie manovre, spinte o addirittura al cesareo, e tali forze compressive possono traumatizzare la testa prima che le contrazioni uterine la spingano progressivamente verso il canale del parto.

Tecniche Viscerali

Le tecniche viscerali portano a focalizzarsi sulla risposta neurologica alla nostra azione terapeutica; si ascoltano i tessuti attorno alla disfunzione somatica per capire come rispondono. Il sistema dolorifero è in continua evoluzione ed è plastico tende a modificare la rete neuronale; pichiettamento e percussione per la flessibilità e la densità del tessuto, pressioni e spring per valutare quanto l’articolazione risponde, digitopressione in quanto tempo cede la fascia superficiale e profonda.

I visceri possono essere sede di disfunzioni osteopatiche perché hanno una loro mobilità e intrattengono rapporti anatomici e neurologici con la struttura ossea e muscolare. Le cause più frequenti di disfunzione osteopatica viscerale sono le cicatrici chirurgiche e le aderenze conseguenti a importanti fenomeni infiammatori dei visceri o delle strutture che li circondano: a volte la causa è un trauma (addominale, toracico o pelvico), altre volte è un’iperattività del sistema nervoso autonomo. La disfunzione viscerale non è sinonimo di patologia viscerale.

Un dolore alla spalla destra può essere dovuto ad un sovraccarico del fegato…viene indagata la stanchezza, il livello di concentrazione, difficoltà di digestione, la resistenza nell’attività motoria e la respirazione diaframmatica o toracica, elementi che concorrono alla qualità delle funzioni epatiche. Restrizioni o blocchi viscerali a lungo andare vanno a modificare anche la nostra postura.

Dopo il trattamento

Risulta molto utile fornire dei consigli al paziente sullo stile di vita, esercizi da eseguire a casa, e consigli su come migliorare la postura nella vita quotidiana, in tal modo il paziente potrà beneficiare di un corpo più reattivo agli stimoli quotidiani riconoscendo i vizi e le abitudini che portano a sovraccaricare l’organismo. Essere più coscienti e dar voce al proprio corpo alimenta un benessere e una buona capacità di rigenerazione cellulare e di resistenza agli stress quotidiani.

Di seguito potete scaricare la mia tesi di osteopatia inerente le problematiche legate alla mandibola e alla masticazione.

Scrivimi un messaggio

Per richiedere un appuntamento o per qualsiasi informazione

Info


In auto a 5 minuti dall’uscita di Padova est o Padova zona industriale, direzione centro, arrivati a Piazzale Stanga girare in via Turazza.

A piedi circa 25 minuti dalla Stazione dei treni  si percorre Via Trieste che proseguendo cambia nome in via Venezia fino a Piazzale Stanga, sempre dritto si entra in via Turazza, in autobus n.. 10 oppure n. 9 oppure n. 42 fermata “Stanga”, oppure n. 7 fermata “S. Fidenzio”, in bici 10 minuti.

Questo si chiuderà in 0 secondi

Info


Dalla stazione dei treni “S. Lucia” 10 minuti a piedi, prendere strada per Rialto, subito dopo il primo canale “ponte delle guglie” girare a sinistra “fondamento cannaregio” dopo circa 1000 metri girare a destra per “Calle de le Chioverette”, 20 sulla destra lo studio.

Questo si chiuderà in 0 secondi